Descrizione
Il cinquecentesco Statuto comunale di Sezze è forse il documento più importante e sicuramente il più completo e sistemico per conoscere la storia della città.
Venne adottato nel 1520, ma il suo Proemio ci dice che la «vetustisssima città», nel tempo, aveva avuto «statuti rispettabilissimi e regole municipali». Esso apre una finestra su Sezze e il suo territorio; racconta la quotidianità della vita cittadina, la gestione e il controllo del territorio, il lavoro, le produzioni, il commercio, le fiere, le relazioni sociali e l’amministrazione della città.
Località oggi senza traccia e memoria emergono prepotentemente dal vasto territorio di Sezze, in cui il lavoro nel Campo Setino è intenso e i luoghi sono frequentati, solcati per lungo e per largo, vissuti, sfruttati e difesi dall’abbondanza delle acque, una ricchezza contesa. E questa non è una versione, ma una certificazione che smentisce la più recente narrazione di un territorio malato e sommerso dalla palude. Non sarà un caso infatti che Goethe nel suo Viaggio in Italia, il giorno 23 febbraio 1787 annotasse: «Allo spuntar del giorno ci trovavamo nelle Paludi Pontine che non hanno quel triste aspetto comunemente descritto dai romani».
Del resto anche Sandrino Di Trapano, contadino e per tanti anni Sindaco di Sezze, sensibile conoscitore del territorio setino, delle sue tradizioni, delle sue genti, nonché fautore di buone pratiche, che, solo ora scopriamo, traggono alimento da una storia secolare, ha sempre sostenuto che il territorio setino non era sicuramente tutto impaludato, non era povero, ma ricco di risorse e di attività. Lo Statuto gli dà ragione.
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